Stimolante e perfino afrodisiaco. Il guaranà ha una lunga tradizione fatta di leggende e antiche preparazioni. Oggi si sa che è un ottimo tonico, anche per il sistema nervoso.
Gli occhi di Cereaporanga. Intensi, che ti guardano dritti da sotto palpebre rosse. Il mito del guaranà (Paullinia cupana) parte da una leggenda che richiama le pupille nere di una giovane donna.
Pianta sempreverde, rampicante, appartenente alla famiglia delle Sapindaceae e nativa della foresta amazzonica, ha la stessa origine misteriosa e affascinante del suo mito, quella di una ragazza innamorata di un guerriero di una tribù rivale che, piuttosto di vedere la morte del suo amato, chiede a un anaconda di essere uccisa in un ultimo abbraccio di morte. Commossi, gli dei le dedicarono una pianta - il guaranà, appunto - i cui frutti richiamavano sorprendentemente malinconici occhi neri incastonati in un guscio rosso.
Un mito, dunque, quello del guaranà. Considerata una pianta sacra dagli indios dell’amazzonia proprio per via del suo particolare frutto, è stata il fulcro di numerose leggende. Come quella che vuole i suoi frutti un elisir di lunga vita: forniva infatti sia nutrimento che cure grazie alle sue proprietà tonico-stimolanti. La preparazione ha una sua tradizione: i grappoli si raccoglievano a frutti semiaperti, successivamente venivano puliti, tostati, pestati e ridotti in polvere aggiungendo acqua per ottenere un impasto omogeneo, lasciato essiccare al sole e grattugiato al bisogno.
Oggi si sa che il guaranà è un efficace stimolante in tutti gli stati di sonnolenza, depressione nervosa, infezioni e malaria. Aiuta la digestione e contrasta la cefalea successiva ai pasti in chi soffre di digestione lenta. Favorendo i movimenti intestinali, è poi efficace contro la stitichezza e il meteorismo. Eccita i centri nervosi, specialmente il cervello, del quale intensifica l’attività. Stimolante, è perfino un ottimo afrodisiaco naturale.